

Raccolta di immagini del seme di mais con diversi ingrandimenti
Descrizione presa da https://www.flickr.com/photos/146824358@N03/33762056788/in/album-72157679942049418/
The Bran is the outermost layer of the seed. It consists of a seed coat that is fused with the pericarp, which is made of several different layers. These layers are the epidermis, the mesocarp, a section of cross cells and a section of tube cells. These extra layers and the seed coat make up the Bran.
Past the Bran lies the outermost layer of the endosperm, a single layer of darkly staining cuboidal cells known as the Aleurone layer (foto3). The cells of the Aleurone layer are rich in protein and lipid inclusion bodies. The Aleurone layer functions in the synthesis of the enzyme α-amylase which is secreted during germination, and moves into the endosperm in order to begin breaking down starch into maltose and glucose.
The endosperm is the bulk of the seed. It serves mostly to store starch as a fuel reserve for the seed during germination, and has been known to store proteins. The Endosperm is split between two types of cells, horny endosperm and floury endosperm. Horny endosperm is more abundant near the pericarp and cotyledon, and stains pink. Floury endosperm sits roughly in the middle, and stains blue. Floury endosperm cells are generally larger, and the starch granules are more likely to be spherical and less compact, compared to the horny endosperm, which is has polygonal and compact granules and smaller cells. Horny endosperm also generally has more granules than floury.
The Cotyledon is the outermost layer of the embryonic section. An alternative name for the Cotyledon is the scutellum. The Cotyledon is generally the “first leaf” of the plant, in that it ejects from the kernel and grows to the surface. It’s border with the endosperm is clearly marked by a distinct layer of palisade like epidermis. These elongated epithelial cells secrete hormones into the endosperm that activate the enzymatic digestion of starches. These starches are absorbed by the Cotyledon and transferred to the developing embryo. A well-defined vascular strand can be seen forming within the parenchyma cells of the cotyledon.
The Embryo, or germ consists of the coleoptile, plumule, radical, hypocotyl, and coleorhiza. The coleoptile begins with the northernmost tip of the embryo, and can be distinguished by its cuticle and palisade epidermis. It has typical leaf properties, likely because it functions as a protective sheath surrounding the shoot. Underneath the coleoptile is the plumule, or embryonic shoot, which is a section of rapidly dividing cells. The plumule bears the true “first leaves” of the plant. Below the plumule is the hypocotyl, which is a connecting structure between the plumule and radicle. It functions by helping to “push” the cotyledon out of the ground during development, and will eventually become part of the stem. The radicle is the curved structure beneath the hypocotyl, and will eventually turn into the primary roots of the plant. Just beneath the radicle are an inner dark staining root cap and outer pink staining coleorhiza that protect the root tip during germination.
Pericarpo
Endosperma a sinistra ed embrione a destra
Parete del pericarpo
Cellule dell’embrione nel Cotyledon
ingrandimento
Cellule dell’embrione del mais
Studio delle code della cometa Neowise. Monte Penna Simone Civita
Giuseppe J. Donatiello:“C/2020 F3 (NeoWISE) Dopo gli annunci (avventati) di grandi comete, andate prontamente in frantumi, finalmente c’è una cometa davvero promettente che si sta avvicinando al Sole.”
Con questo post su facebook sono venuto a conoscenza dell’esistenza di questa cometa. Era la prima cometa che avrei potuto fotografare discretamente con la tecnica acquisita negli ultimi anni.
La buona probabilità di visibilità viene confermata nei giorni successivi su un articolo su bfcspace.com.
Speravo di riuscire a riprendere la cometa in qualche bella costellazione, in cui fosse presente magari qualche nubolosità. Nella mia mente volevo ottenere qualcosa di simile a quello che ripresi con la cometa Giocobini-Zinner nell’Auriga. Tuttavia l’orbita calcolata non sembrava incontrare nessuna nebulosità e inoltre la cometa sarebbe apparsa solo al mattino presto dalla mia posizione, bassa sull’orizzonte all’alba.
Vedo la prima foto della cometa nell’alba.
Spronato dalla mia ragazza decidiamo, alla vigilia del suo compleanno, di provare ad acciuffare qualche fotone della cometa. La cometa sorgerà intorno alle 4 di notte a Nord Ovest. Dalla Liguria è una posizione svantaggiata a causa delle montagne dell’Appennino che non permettono di avere una visione bassa ad ovest. La mia ragazza scorge un’opportunità dal passo di Bargone in cui la cometa dovrebbe apparire sopra il passo di Centro Croci. Decidiamo di partire con il nostro “nuovo” fuoristrada con un quaranta minuti di sterrato da Bargone. Arrivati sul passo posteggiamo l’auto e la attrezziamo per dormirci. Intanto con la bussola cerco la miglior posizione per osservare il nostro obiettivo. Non so quanto sarà luminosa né che obiettivo utilizzerò: per questo posiziono già l’inseguitore e metto la sveglia.
Il risultato è modesto e piuttosto banale, si scorge una banda oscura al centro della coda di polveri. Questo è il massimo che sono riuscito ad ottenere considerato la forte luminosità dell’alba.
La foto a destra è una posa da 5 secondi a 200mm f2.8. La foto al centro è un ingrandimento della foto a destra. A sinistra con il telyt.
Il sole sta sorgendo e tutti gli altri astri stanno lasciando il posto all’alba rossastra. L’emozione di guardarla attraverso il binocolo è grande.
9 luglio Monte Aiona
Il 9 siamo liberi e senza impegni. Partiamo con meta il monte Aiona. Da qui la cometa dovrebbe apparire tra il Maggiorasca e il Penna, regalandoci un’immagine interessante. Da Prato Sopralacroce prendiamo lo sterrato che porta fino al rifugio del monte Aiona nei pressi di Pratomollo. Qui la strada è meravigliosa: si passa attraverso un bosco che lascia spazio a prati aperti e scoscesi interrotti solo da rocce. Si sale così il monte Aiona tra paesaggi incantati. Lo sterrato è piuttosto duro ma semplice e dura circa una mezz’ora (vado a memoria). Nel tragitto ci imbattiamo nei cani di un pastore e per un quarto d’ora non si riesce a passare.
Superati troviamo una nube iridescente
Arriviamo al passo della Spingarda che il sole sta tramontando. Ci accamalliamo zaino tenda cibo e fornelletto e ci avviamo verso una delle vette del monte.
Tornare qui è sempre un’emozione particolare: si è circondati da rocce sparse in un susseguirsi di altopiani con un cielo ampissimo sopra la testa. Il monte Aiona è un antico fondale oceanico che per movimenti tettonici si è elevato fino ad 1700 metri. Qui nell’inverno 2017 ho scattato una foto che penso rappresenti bene questa genesi con il Penna sullo sfondo.
Cerco un punto per una foto in cui inquadrerò sia la cometa che il Penna. La cometa sorgerà per le 3 e qualcosa. La bussola non funziona molto bene a causa del forte campo magnetico del monte, le stelle non si vedono ancora e l’orientamento di precisione risulta difficile per sapere a priori su quale vetta si posizionerà la cometa. Trovato un posto adatto posizioniamo il bivacco. La luna è assente, l’aria poco umida e le stelle sono una meraviglia.
Mentre aspetto la cometa decido di puntare alla zona centrale della via lattea, nella costellazione del sagittario. Molto spesso, dalle mie postazioni, è difficile avere un cielo così pulito a Sud pochi gradi sopra l’orizzonte. A 200mm riesco a fotografare la nebulosa Trifida e Laguna. Questo è il risultato di circa 240 fotografie a 30s 200mm f3.5 iso 3200 dalle 10 fino a mezzanotte circa:
Solitamente utilizzo iso 3200 e 30 secondi perché in montagna riduco così l’effetto del vento che mi muove il sistema d’acquisizione leggero. Inoltre in questo modo utilizzo l’intervallometro della macchina. Inoltre da circa 2000 iso la canon 5d mark iv sembra avere una riduzione del dark noise.
Lascio la macchina a scattare attaccata al power bank capiente e entriamo in tenda dopo una pastasciutta.
A mezzanotte sorgerà la luna e alle 3 la cometa.
La sveglia suona, sbuco con la testa ma non la trovo dove pensavo. Ho gli occhi stropicciati dal sonno ma non la vedo proprio. Probabilmente è ancora dietro qualche monte. Torno a letto e sposto la sveglia di 20 minuti. Al suono della sveglia chiedo alla Fede di dare un occhio lei. Dice che si vede molto bene. In effetti è molto bella e lunga. Provo con il 200mm in verticale in modo da prendere il paesaggio che è a circa 3 gradi più in basso.
Lo sviluppo a destra è, a memoria, una rappresentazione piuttosto fedele di quello che si vedeva ad occhio nudo. Lo sviluppo a sinistra ho utilizzato rawtherapee sul singolo scatto in modo da accentuare il contrasto delle code rispetto allo sfondo. Per questo ho utilizzato l’algoritmo retinex del software che va ad enfatizzare le variazioni di luminosità sulla scala (piccola) scelta da utente e cerca di omogeneizzare il contrasto sulla scala dei lenti gradienti di luminosità. In questo modo, “semplicemente” con l’uso di un processo, si riconosce bene la coda di ioni, che col senno di poi si vedeva già nella foto a destra. Ad occhio nudo non si scorgeva nessuna seconda coda.
In questo secondo scatto proposto è ancora più evidente la coda di ioni. La luce in basso è l’alba che tra un paio d’ore accadrà. Questa a destra invece è la stessa immagine a cui ho applicato il processo retinex. Purtroppo in quei giorni, per lavoro, non ho avuto tempo di sviluppare prontamente le fotografie per scoprirne i limiti e lavorare in maniera più costruttiva (errori-imparo-miglioro). Non ero neppure interessato a fare forti streaching alle fotografie per far risaltare i dettagli più nascosti. Non ero interessato per diversi motivi: 1) non ero capace con così grandi gradienti di luce sullo sfondo 2) non ero capace con soggetti così luminosi 3) non sapevo che le code potessero avere delle forme così interessanti. In questo modo senza dark frame e scatti multipli il retinex è l’arma (ancora per me non del tutto chiara) più potente che ho trovato per enfatizzare questi dettagli.
Gli scatti con paesaggio non mi soddisfano e non li metto per non appesantire la pagina. Lascio due foto per ricordare il luogo della stellata e dei cavalli selvaggi del monte Aiona che ci hanno tenuto compagnia.
Mi spostano un impegno lavorativo al 21. Decido quindi di passare due giorni sul Penna e nei suoi boschi a caccia della cometa godendomi la natura a tuttotondo. Nel frattempo non ero riuscito a sviluppare le foto dei giorni precedenti. Oltre al lavoro attuale sono impiegato in un progetto di ricerca sul Covid in cui si utilizza il codice che ho sviluppato durante la mia tesi magistrale. Riuscirò a lavorare in remoto dal Carignone in quanto lì c’è segnale a sufficienza per il telefono da usare come hotspot.
In questi giorni la cometa è visibile per quasi tutta la notte sorgendo già prima del tramonto.
Con il fuoristrada attrezzato come ufficio viaggiante e base per astrofotografia, mi avvio, questa volta da solo, verso la vetta. Da Santa Maria del Taro prenderò lo sterrato di una quarantina di minuti arrivando così al passo dell’incisa. L’ora è decisamente tarda e sposto il campo base sulla vetta. Tra tenda e materiale fotografico avrò circa 25kg distribuiti male in uno zaino fotografico sacco a pelo invernale sballottante e tenda cibo acqua in un sacchetto scomodo. La salita che normalmente si fa in mezz’ora senza soste risulta un muro tostissimo. Salendo ho pensato ai sammaritani che si tiravano su dal paese la statua della Madonna, ora in cima. Nelle numerose pause spegnevo la torcia e mi godevo le stelle fra le fronde dei faggi.
Nell’oscurità totale senza luna raggiungo la vetta e torno a prendere qualche oggetto che ho lasciato sul percorso per via del troppo carico.
In cima il vento proviene da sud ed anomalamente non gira con l’avanzare della sera. La posizione riparata da nord quindi non si rivela una buona strategia. Arrivo su che la cometa era già lì ad aspettarmi sopra la val d’Aveto. Sono arrivato in vetta alle 10 e mezza ed eccitato preparo tutto il setup. Non so bene come elaborerò i dati né di che foto avrò bisogno. Vado alla cieca e a casaccio, come un completo inesperto di comete quale sono, uso il 200mm perché è più comodo con l’interfaccia dell’astroinseguitore.
In quei giorni, con cambi di schedine tra macchine fotografiche i nomi dei file impazziscono. trovo che ho 23 scatti della cometa a 30s 200mm iso 3200 f3.5. Su internet cerco dei tutorial su come allineare sulla cometa e non sulle stelle fisse. Siccome il risultato automatico di deep sky stacker di avere allineamento su entrambi non mi soddisfa, prediligo l’allineamento solo sulla cometa manuale. attraverso una riduzione forte e asimmetrica della deviazione standard di cui prendere i dati (1 sigma). In questo modo scarto tutte le luci delle stelle che si sono spostate discretamente rispetto alla cometa in 10 minuti. Nello sviluppo, nella coda di polveri, rimane ben visibile l’alone della galassia “occhio di tigre” (NGC 2841) e sopra la stella Theta Ursae Majoris.
Sono davvero rimasto colpito dal contrasto che ho ottenuto sulla coda di ioni e su quella delle polveri. Attraverso un’immagine come questa forse si riuscirebbe a calcolare come si sta muovendo la cometa e la sua rotazione nel tempo. Nell’ingrandimento oltre alla coda di ioni classica si vede un accenno ad una terza coda. Giuseppe Donatiello mi ha suggerito che potrebbe essere una debole coda di sodio neutro, parzialmente sovrapposta a quella più comune bluastra, dovuta a una miscela di gas. La seconda coda di ioni è riconducibile ad un altro getto emergente dal nucleo.
Archiviando le foto che ho realizzato in quei giorni mi sono accorto che, con nomi diversi, ho altre foto di questa serie e più avanti senza dubbio rielaborerò questo scatto e vedremo se riuscirò ad aver un miglior contrasto anche di quest’ultima coda. (vedi Aggiornamento più sotto)
Per la prima volta rilevo la chioma verde. è assoluto la sera che ho visto al meglio la cometa.
Con l’abbassarsi della cometa decido di puntare ad altri oggetti interessanti. La notte era splendida e ogni sorta di umidità era spazzata da un vento molto forte.
Il vento mi creerà anche molti problemi fotografici: in questa immagine è presente la scia di un satellite che anziché essere dritta è mossa dal vento che sposta l’apparato di ripresa. Si può dire che è in qualche modo un sismografo del mio apparato. Le stelle quindi appaino allungate nella direzione dell’oscillazione e ogni scatto risulterà irrimediabilmente compromesso.
Inconscio ancora del problema (e quindi non avendo spostato la strumentazione in un luogo più riparato) tento ancora una prova nella costellazione del sagittario vicino alla zona ripresa dall’Aiona. Il vento non è cessato, io sono sempre incosciente e la realizzazione è al limite della sufficienza per una stampa 20×30 cm.
Questo lavoro consta di 65 foto x 30s 200mm f4 iso 3200.
La zona più numerosa di stelle è la piccola nube del Sagittario.
Nel frattempo con la 200d faccio altri scatti, più paesaggistici. Questo ad esempio è quello che sono riuscito ad ottenere senza inseguitore, senza l’uso di programmi a pagamento con solo quattro scatti e sopratutto con l’obiettivo da kit. Ho appoggiato la macchina alla statua e ho usato la funzione dell’autoscatto multiplo.
I paesi che si vedono sono della valle dell’Aveto. Sullo sfondo si vede il Lesima con il radar illuminato. A destra nella pianura c’è Voghera o Pavia.
Già con il 50ino e inseguitore (anche autocostruito) il risultato è nettamente superiore.
\\foto
Essendo la notte meravigliosa e con luna nuova, decido di sfruttarla del tutto per raccogliere i pochi fotoni provenienti dalla nebulosa del Cuore e dell’Anima vicino alla costellazione di Cassiopea. Queste due nebulose sono molto meno intense di quelle fotografate nel sagittario e proposte nelle foto precedenti. Per questo motivo sfrutterò tutta l’apertura della mia lente a la focale di 175mm. Questa infatti mi permette di ottenere una buona composizione con l’ammasso globulare presente nelle vicinanze. Essendo la nebulosa verso Nord-ovest sposto l’apparato all’ombra (del vento) della statua. Questa scelta necessaria mi ha permesso di ottenere un discreto lavoro su queste coordinate.
Alle 2 vado così in tenda lasciando la macchina in azione sulla nebulosa del cuore e dell’anima vicino alla costellazione di Cassiopea. La notte astronomica durerà fino a quasi le 4 del mattino. Per quell’ora mi sveglierò e farò eseguire i dark frames alla macchina per calibrare le foto ottenute questa notte.
Questo è il risultato sulla costellazione ottenuto con 236 fotografie da 30s a 175mm f2.8 iso 3200. Sono presenti 3 stelle cadenti con la loro colorazione tendente al verde dovuta agli elementi che compongono i detriti. La discriminazione tra aereo/satellite-stellacadente è fatta osservando le foto in sequenza, osservando il colore della scia, e attraverso la stima del tempo di permanenza nel fotogramma: se è molto breve (come una stella cadente) non ci sono fenomeni di oscillazione nella scia dovuti al movimento meccanico del vento sull’apparato di ripresa.
30s x 236 175mm f2.8 iso 3200. Simone Civita
Ho rianalizzato i dati acquisiti nella notte del 19, ritrovando anche i files dimenticati. Dopo un lungo lavoro, sopratutto dedicato ad imparare il metodo, sono riuscito ad arrivare a questo risultato:
Questa foto è formata da 70 fotografie scattate tra le 23.00 e le 23.41 del 19-7-2020 dal monte Penna alto 1735 metri sul livello del mare. Questo risultato è stato per me possibile grazie al tutorial di Edoardo Luca Radice che ringrazio molto. Sulle immagini a maggiore ingrandimento è stato applicato un po’ di contrasto con Photoshop per aumentare la leggibilità della coda di ioni. Rispetto alla versione precedente c’è un ottimo incremento del segnale e la rimozione delle strisce dovuto alle stelle in movimento rispetto alla cometa. Si riescono a scorgere altre code di ioni differenti dalla principale. In particolare, nell’ingrandimento a sinistra, una coda molto debole che parte dal nucleo della cometa; nell’ingrandimento a destra leggermente una in alto a sinistra.
Tra le decine di immagini intermedie necessarie per l’elaborazione, ve ne propongo una molto interessante: la luce esclusa dalle medie per ottenere una delle immagini fondamentali per il risultato finale. In poche parole oltre alle strisce delle stelle, dovute al movimento della cometa, i satelliti e aerei che hanno attraversato il mio campo di vista (stretto essendo la foto scattata a 200mm di focale).
Oltre alle 4 scie degli aerei, le altre sono dovuti a satelliti. Ad oggi (agosto 2020) ci sono circa 4000 satelliti attivi orbitanti. Nei prossimi anni solo l’azienda privata di Elon Musk Starlink ne porterà ulteriori 40000. Anche altri grandi capitalisti come Amazon, Samsung etc. sembrano voler fare una cosa analoga.
Non credo che la mia astrofotografia ne risentirà eccessivamente. A risentirne moltissimo sarà l’esperienza visuale, come l’atto più semplice di contemplare le stelle.
Mi è già capitato di stare ad osservare le stelle da un prato, senza nessun binocolo/telescopio, e vedere la rete di satelliti che si muoveva incrociata. Da nord ad est queste lampadine attraversano una regione di cielo e, quando scompaiono, eccone spuntarne una nuova a nord. Da sinistra a destra, inevitabili e puntuali. Analogamente succede pochi gradi più in alto sull’orizzonte.
Mi sono sentito ingabbiato in una rete capitalistica che mi ha privato della possibilità di guardare il cielo pensando all’Oltre, in cambio di una pubblicità con scritto: “starlink”.
Godiamoci questo cielo che, inquinamento luminoso a parte, è ancora molto simile a quello che l’uomo ha visto per tutta la sua esistenza.
In futuro lo guarderemo su internet attraverso i satelliti.
Sono arrivato ad aggiornare fino a qui
Eclissi di Luna totale dalle Trevine. Simone Civita 2019
L’immagine dell’eclissi del 27 luglio 2018 è uno dei lavori di cui sono più orgoglioso. L’obiettivo era quello di riprovare ad ottenere uno scatto simile a quello di R.Clark raccogliendo anche la luce che la luna diffondeva sulla terra e la luce rossastra sugli alberi. La luce durante l’eclissi di luna è rossa in quanto è di questo colore la componente della luce solare che riesce ad attraversare meglio l’atmosfera terrestre. Attraversata l’atmosfera terrestre la luce residua rossastra colpisce la luna, che a sua volta la riflette ed illumina la terra con una luce veramente fioca che permette di vedere la via lattea distintamente.
L’organizzazione è iniziata un mesetto prima con la scelta del luogo da cui immortalare il momento.
Dai calcoli astronomici la luna, quella notte, sarebbe sorta già in penombra. Alle 20.20 sarebbe iniziata la fase in ombra e sarebbe durata circa un’ora e 45 minuti. Da quello che si legge in giro sarà la più lunga in assoluto per centinaia di anni dalla nostra posizione. Altro evento irripetibile (a meno di non vivere 25mila anni) un’eclissi con vicino il “pianeta rosso”.
La luna dalle Trevine si sarebbe trovata durante la fase massima molto bassa sull’orizzonte: da 12° a 20° sull’orizzonte. Questa poca altezza apparente ha escluso qualsiasi luogo sul mare o non sufficientemente aperto, che conoscevo bene, nel raggio di una 50ina di km da casa. Così, tra i posti papabili rimasti, c’erano la vetta del monte Penna (che nell’immagine finale si vede sulla destra) e la vetta del monte Zatta (che è quel massiccio che nell’immagine finale è in basso al centro).
La ricerca di un monte alto e che avesse un panorama interessante, compatibile con l’evento, mi ha portato a scegliere il gruppo delle Trevine. In particolare di quella terrazza, che si vede bene in questa foto invernale fatta dal Penna, dove finiscono i faggi.
Questo è uno dei miei luoghi preferiti. Le Trevine sono un antico fondale oceanico che nelle ere geologiche è e viene attraversato anche dall’alta via Carnigliese a mare. Da questo luogo si ha una vista splendida sulla parete rocciosa del Penna.
//foto della facciata
Per riuscire nell’obiettivo ambizioso che mi ero prefissato mi sono dovuto organizzare in diversi modi.
Per questo lavoro ho utilizzato l’ultima versione del mio inseguitore guidato da Arduino che insegue senza problemi a 24 mm. L’obiettivo utilizzato è il 24-70 Tamron 2.8 a 24 mm @f2.8.
Questi sono gli schemi che ho realizzato per lo studio. Li propongo perchè sono divertenti e carini 🙂 (la tenda è dove solitamente piazzo la tenda per la notte).
Il paesaggio simulato tramite il sito ed importato nello stellarium (un po’ a fish eye).
Dettaglio con il rettangolo che rappresenta i 24 mm utilizzati
Posizione degli astri alla fine dell’eclisse (a tutti gli orari è da aggiungere un’ora).
Dopo l’organizzazione durata un mesetto il giorno dell’eclissi l’umidità sale e le nuvole coprono ampie zone del cielo. In particolare fallisce la mia idea di riprendere in una immagine Venere Giove Saturno Marte (vedi simulazione con stellarium). Ho aspettato che passasse un banco di nubi sopra il Penna (la montagna più a destra) ma Venere è tramontata tra le nubi.. L’inizio delle foto era alle 10 e qualcosa. Il crepuscolo astronomico non era ancora terminato e questo si evince dalla colorazione più bluastra del cielo in basso a destra (ovvero da dove sono partito ad acquisire l’immagine). Mentre, con una certa frenesia correvo tra un tassello e l’altro del mosaico con l’accortezza di non lasciar buchi, e di non muovere eccessivamente l’inseguitore in modo da non disallinearlo, mi godevo lo spettacolo che ho ancora vivido nei ricordi.
Solitamente nelle foto astronomiche le intensità di luce vengono stravolte e si vedono foto a vastissima gamma dinamica. In questo tipo di fotografie non è strano vedere la via lattea e la luna insieme. Durante l’eclisse totale, da un posto buio come quello in cui eravamo, la via lattea appariva distinta e magnifica (quasi come quella raccolta in questa immagine) contemporaneamente alla luna piena rossa. Uno spettacolo meraviglioso ed indimenticabile.
Come finalità dello sviluppo ho scelto di minimizzare l’estensione delle nuvole al costo di un peggiore rapporto segnale/rumore. Inoltre volevo ottenere una luminosità relativa tra gli oggetti il più simile possibile alla scena reale. Lo sfondo è leggermente mosso in quanto sono andati persi i frame del paesaggio e ho utilizzato quelli “inseguiti”. Questa imperfezione è praticamente impercettibile su stampe fino a 50×82, misura a cui propongo la stampa.
Le fasi di sviluppo delle fotografie sono standard e consistono nello:
Un totale circa 200 MegaPixel e diversi Gb di file con un portatile economico ed adolescente (ma molto affidabile 🙂 ).
Il risultato è molto gradevole e per me è un ricordo importante che ho condiviso con persone speciali. Il luogo è meraviglioso e credo che un tale evento possa rendere giustizia alla magnificenza del tutto.
Durante tutta l’estate 2019 mi son proposto di inseguire il progetto di un mosaico della costellazione del Cigno. Questa costellazione è ricca di oggetti interessanti e attraversa il cielo estivo dalla mia casa in campagna. Il luogo da cui ho ripreso questi fotoni è incastonato tra le ultime montagne dell’appenino ligure/emiliano a 700 metri sul livello del mare nel giardino dei miei nonni. Ad oggi la mappa ATLAS segnala livello 4 sulla scala Bortle prossimamente provvederò a misurare con più attenzione questo valore SQM (21.50 mag./arc sec^2). Ho utilizzato due obiettivi in questo: il 180 mm apo-telyt leitz f 3.4 e il canon 70 200 f2.8. Per ogni sezione di cielo è presente circa una notte di acquisizione. A destra dettagli al 50% di zoom della foto originale di:
Complessi di nebulose sia ad emissione (rossastre) che a riflessione (blu). Le radiazioni ultraviolette provenienti dalle stelle giovani e calde dell’ampia associazione Cygnus OB2 ionizzano il gas atomico dell’idrogeno della regione, producendo il caratteristico bagliore rosso mentre i protoni e gli elettroni si ricombinano. Le stelle Cygnus OB2 così avvolte dal gas forniscono anche la luce blu delle stelle fortemente riflessa dalle nuvole polverose. (Per maggiori informazioni sui colori delle varie nebulose)
Resti di una supernova di massa 20 volte il nostro Sole, esplosa tra 10 e 20 mila anni fa, che pian piano si sta dissolvendo nel cosmo.
Problema di aberrazione cromatica di flare
Mosaico composto da 783 scatti con diverse impostazioni:
5D mark iv + 180 f3.4 Leitz / 70-200mm f2.8 Canon 30/60 secondi per frame ISO 3200 no dark frame. Le regioni con le stelle con fenomeni di fringe viola sono ottenute con il Leica. Nei prossimi esperimenti proverò a diafframmarlo maggiormente (è evidente nel terzo zoom dell’IC 1318 con sopra il Canon e sotto il Leica).
Ho scelto ti utilizzare questi iso perchè ho misurato che la soppressione del rumore di lettura sul sensore è sufficiente a non creare artefatti nelle immagini una volta effettuato lo streaching.
Come astroinseguitori ho utilizzato il mio autocostruito (che funziona quasi sufficientemente fino a 180 mm per 30 secondi) e lo The Sky-Watcher Star Adventurer (che funziona molto bene a 200mm per 60 secondi con uno scarto di una foto su 5 a causa dei movimenti periodici interni all’inseguitore).
Ho sviluppato i raw tramite Rawtherapee (con le impostazioni spiegate in questo articolo). Ho effettuato l’allineamento, integrazione e unione del mosaico tramite Pixinsight. In particolare ho utilizzato dnaLinearFit di David Ault seguendo il suo tutorial per ottenere un mosaico e per lo streaching il codice ArcsinhStretch
Il mio amore per le imprese colossali mi ha spinto ad un progetto al di sopra delle mie capacità con il risultato di aver ho fallito almeno tre obiettivi che mi ero posto. Innanzitutto non sono riuscito a coprire tutta la costellazione: questo è dovuto al fatto che è molto estesa e l’idea di farla con un 180mm per un neofita con astroinseguitore autocostruito non era facile. Per questo motivo dalle migliaia di scatti ho ripreso senza buchi “solo” la coda e l’ala sinistra del cigno immaginario. La cosa che mi è dispiaciuta di più è l’aver perso i colore lattiginoso della via lattea. Attraverso la rimozione dei diversi gradienti presenti nelle singole integrazioni ho esagerato con la rimozione nel canale del rosso. In futuro ho progettato di eseguire scatti con grandangoli in modo da misurare i valori RGB nella via lattea. in questo modo otterrò gli offset da impostare quando tutta l’immagine è all’interno della via lattea e non c’è un punto di nero effettivo.
Nonostante questa sovra-correzione anche l’unione dei singoli frame è ancora migliorabile: in questa immagine sono ancora presenti artefatti. Tuttavia sono abbastanza soddisfatto essendo stata la prima volta che ho lavorato con un file così grande in megapixel e sopratutto in gigabyte utilizzando uno streaching importante (nella foto dell’eclissi non avevo apportato nessuna curva se non un leggero contrasto).
Tra qualche anno probabilmente mi tornerà la voglia di riprovare ad ricomporre il tutto (magari con ulteriore integrazione) e spero, con nuove conoscenze, di poter raggiungere un risultato migliore 🙂