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Irrequieto ti brucia una febbre di andare e nel desiderio ritrovi la tua forza.

Catullo

Questo articolo sulla Via degli Dei è diviso in 3 parti:

  • Una piccola guida che può essere un sunto di tutte le informazioni che non abbiamo trovato o che non abbiamo compreso delle guide serie: un qualcosa che potrebbe venire utile a tutti i futuri viandanti
  • Un portfolio fotografico della Via degli Dei percorsa agli inizi d’agosto del 2014
  • Un racconto che è semplicemente il mio personale ricordo di quest’avventura. (Non pensato affatto per la pubblicazione)

Tutto ciò che è bene sapere e che noi non sapevamo del tutto

sulla via degli Dei

La via degli Dei è un percorso che non presenta nessuna difficoltà tecnica rilevante: non si è mai superata la difficoltà E se per quasi un km di EE dopo il passo della Futa. Su internet e su altre guide c’è scritto che il percorso non è altro che “due passi..una mangiata…due passi…una mangiata”. Probabilmente potrebbe esserlo stato per persone mediamente allenate, non alla prima esperienza e con un briciolo di senno in più. Se volete evitare di sbagliare dove lo abbiamo già fatto noi qui di seguito c’è tutto quello che sento di raccomandarvi: per qualcuno può essere scontato ma per noi 3 avventurieri NON lo è stato! Il sentiero è lungo circa 130 km.

Ci sono diversi approcci per quest’avventura: alloggiare in b&b e mangiare in ristoranti od osterie, campeggi e tratti in autobus, oppure zaino e tenda.

Noi abbiamo scelto il più avventuroso: autosufficienti nel dormire e nel mangiare, facevamo rifornimento nei centri abitati per il mangiare e ci accampavamo in posti più o meno remoti, preferibilmente vicino ad una sorgente. Per cucinare non ci siamo portati neppure il fornelletto, ma abbiamo sempre acceso un piccolo fuoco (con tutti le difficoltà che esso comportava). Questi suggerimenti sono per voi, o avventurieri in cerca di un’esperienza unica!

QUI TROVATE LA traccia GPX DELLA VIA DEGLI DEI DA BOLOGNA A FIESOLE da wikiloc

GPX più preciso download

GPX in 500 punti download

https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/via-degli-dei-percoso-completo-da-bologna-a-fiesole-1650100

(per arrivare a Firenze a piedi, cosa che vi straconsiglio per avere un’esperienza completa, ci si mette ancora un’oretta buona ma camminare con i bastoni di legno e con gli zaini strabordanti tra i turisti non ha prezzo!) Consiglio le seguenti tappe se potete metterci 5 giorni e mezzo:

  • intorno a Nova Arbora
  • baita degli alpini Monzuno
  • nei boschi sul monte di Fo
  • vicino a Gabbiano nel Mugello
  • e nei magnifici prati prima di Vetta le croci

Il racconto fotografico più in basso documentano tutti questi splendidi posti.

Preparazione fisica e tempistiche

Per fare il cammino se non si hanno problemi di tempo non è necessaria una preparazione fisica importante. Io che non ero per niente allenato (un anno di sedentarietà dovuto all’università) ho percorso tutto il cammino in 5 giorni e mezzo. Saremmo riusciti a percorrerlo in 5 se non ci fossimo mai persi, ma questa è un’altra storia… Il dolore ai piedi dovuto alle scarpe era molto maggiore rispetto ai dolori muscolari che sono spariti al terzo giorno di cammino (facendo stretching ad ogni pausa).

Le calzature

scarpa via degli dei
La calzatura rivelatasi vincente è il sandalo! che batte in comodità i miei scarponi 3 a 1!

Le calzature giuste per la via degli Dei sono delle buone scarpe da ginnastica morbide sulla pianta che abbiate già usato almeno per un mese! La strada che vi aspetta è ghiaia, terra battuta, asfalto. Una seconda calzatura impermeabile potrebbe essere un peso giustificato.

Noi abbiamo usato scarpe da trekking più o meno duro risultato:

  • Uno di noi aveva delle scarpe del padre = una coltivazione di vesciche e sofferenza per il 90% del viaggio;
  • le mie scarpe hanno una suola molto rigida e dura (le uso per andare sulle Alpi): nei boschi e sulla terra battuta andavo da favola, pativo poco sulle strade bianche, l’asfalto mi ha distrutto. Per soffrire meno ho usato “la doppia coperta” doppio strato di calze.
  • l’ultimo compagno aveva uno scarponcino molto vecchio ed usurato, come seconda calzatura ha portato un sandalo di media fattura: ha abbandonato al secondo giorno lo scarponcino per un setup calzettone di lana spesso+sandalo. Non l’ha mollato fino a Firenze. Al terzo giorno si è fatto male alla caviglia, con medicazione e un’imbottitura (ricavata dallo stuoino) posizionata sotto al tallone è riuscito ad arrivare fino a Firenze senza nessun altro problema.

Io, tornassi indietro, porterei solo scarpe da ginnastica.

Cosa mettere nello zaino

ostemario parma
Ecco i miei due compagni di viaggio con i nostri 3 zaini!

Noi eravamo un gruppo di tre ragazzi 21enni questo è quello che abbiamo portato

  • 2 tende da 3.2 kg in 3
  • materiale fotografico (Canon 5D, Sigma 12-24 II, Canon 35 mm F2, Canon 55-200 è un obiettivo leggero e vecchiotto,borsa) 3.5 kg
  • marassa (non so se è il termine italiano, un’accetta con la punta ricurve per fare la legna e per aprirci varchi nelle razze) 0.6 kg
  • corda spessa (pesante ed inutile, indispensabile secondo il portatore)
  • spago di canapa (molto utile: ci abbiamo riparato uno zaino! e steso i panni)
  • prima calzatura: scarponi da montagna
  • seconda calzatura: infradito, ciabatte, sandali
  • vestiti mediamente a testa (3 magliette, camicia, 4 calzini di cotone, calzettone di lana spesso, mutande, camicia)
  • sapone per lavare i panni
  • asciugamano
  • torcia frontale (5 € decathlon)
  • cibo (salame formaggio pane sempre disponibili) (pasta 500 g a pasto) (scatolette di tonno e ragù per una sera)
  • biscotti, fette biscottate, frutta secca, marmellata o miele della nostra terra in vasetti di plastica
  • cerotti vari per prevenire le vesciche e poi quelli da vesciche (portare almeno una benda, e quelle per le distorsioni)
  • ago e filo per bucare le vesciche!
  • coltello ed accendini
  • pentola d’alluminio (4 € mercato) per cucinare
  • bottiglie d’acqua da 2l
  • sacchetti di plastica
  • cerata o kway+coprizaino
  • chitarra con annesso canzoniere homemade
  • carta igenica
  • Sacco a pelo
  • stuoino
invicta ranger 65
Il mio zaino ereditato da mio padre, compagno di mille follie!

Il tutto equivale ad uno zaino che varia dai 12 ai 15 kg. Si dice che il pellegrino debba portare al massimo il 10% del suo peso per fare lunghe tratte. Io peso 50 kg e ho fatto tutto il tragitto con almeno 14 kg di zaino sulle spalle.

Che tipo di zaino?

Lo zaino deve essere buono. Suggerisco di investire in zaini e calzature buone. Ho trovato che il mio zaino dell’Invicta 65 Lt Ranger inizio anni 90 di mio padre si trova usato 2 volte per neppure 50 euro. La qualità di costruzione dello zaino è altissima ed è al pari di zaini odierni da 250 euro.

Da quanti litri deve essere lo zaino?

Il mio era da 65 Lt. tuttavia avevo lo zaino interno occupato 1/3 dalla macchina fotografica per 1/3 da un sacco a pelo di piuma da 1/3 cibo e vestiti. Devo ancora trovare una soluzione pratica per la macchina fotografica e comprarmi un sacco a pelo più portatile (o pensare davvero alla soluzione piccola coperta + sacco letto per l’estate). Secondo me comunque uno zaino da 65 litri è giusto per un viaggio del genere. Se è più grosso può essere più comodo portarlo. Se è più piccolo provate a riempirlo: se è a tappo può essere fastidioso averlo addosso per tutti questi km e darvi fastidio.

Il cibo

Cosa comprare e dove

Una piccola scorta di:

  • salume
  • formaggi
  • pane
  • marmellate in contenitori di plastica
  • miele in contenitori di plastica
  • Frutta secca (mandorle, frutta essiccata, noccioline)
  • fette biscottate (in assenza di pane)
  • Frutta fresca (non farne scorta ma comprarla e consumarla per alleggerire il peso dello zaino)
  • Pasta (per quando c’è abbondanza d’acqua!)
  • condimento per pasta (tonno)
  • bustine di thè

Ogni centro abitato che si incontra possiede almeno un alimentari.

A seconda della stagione si trovano dei frutti lungo il percorso: ad agosto sopratutto vicino a Bologna si trovano susine prugne, more ovunque, pesche nel Mugello.

Il fuoco per cucinare

fuoco
Io che imparo da Enri come ossigenare al meglio un fuoco

Noi abbiamo fatto la scelta folle di non portarci il fornelletto (ma di portarci 3,5 kg di materiale fotografico). Consiglio, se non siete più che abili con il fuoco (dovrete combattere contro l’umidità) di portarvi un fornelletto. Gas o benzina? non saprei. Tuttavia abbiamo trovato 2 posti splendidi attrezzati lungo la via per fare fuoco/grigliata (averli saputi prima ci preparavamo una bella bistecca!!):

  • La baita degli alpini di Monzuno (non c’è acqua potabile!!! fate scorta in paese per la sera! c’è acqua non potabile per lavarsi e lavare i panni!) (qui consiglio la tappa per la seconda notte se si parte da Bologna centro).
  • Dopo pian della Balestra, dopo la pineta, dopo il confine Emilia Toscana, si apriranno davanti a voi dei prati bellissimi. Seguendo il sentiero, appena sulla sinistra sotto gli alberi ci sono delle tavolate, una sorgente d’acqua buona e tutto attrezzato per una bella grigliata/carne sulla ciappa, pasta etc. (alcuni, data la bellezza del posto, si sono fermati qui a dormire, noi abbiamo proseguito)

Noi abbiamo acceso un fuoco anche nei boschi prima della Futa (un paio d’ore dal posto sopradescritto). Tuttavia è stato molto arduo accendere il fuoco essendo il bosco umidissimo già un’ora prima del tramonto (abbiamo sostato alla sorgente delle Banditacce – quella con il cartello con scritto AQUA). Ci siamo aiutati con un cerino preso alla chiesa della Madonna dei Fornelli.

Enrico Federici
Legna per la sera

La marassa non è strettamente necessaria per far scorta di legna ma aiuta ad impadronirsi dei rami più secchi e grossi (considerare il peso di 500 grammi).

Se accendete un fuoco ricordate di costruire sempre molto bene il cerchio di fuoco e siate sicuri di avere molta acqua per spegnerlo (fatelo dove avete una sorgente vicino!).

Per fare una pasta vi consiglio di comprare pentole di alluminio al mercato con coperchio anch’esso in alluminio (vi servirà da scolapasta). Rispetto alle gavette costano moooolto meno (4 € vs 30 40 €) funzionano allo stesso modo e sono leggerissime. Alla fine della prima cena la pentola sarà nero pece (armatevi di sacchetto per non macchiare lo zaino). Ricordate che per fare una pasta servirà il sale grosso e almeno un lt d’acqua (sorgente vicino).

L’acqua

L’acqua è stata un problema solo in una occasione. Ricordate di non essere timidi a chiedere acqua alle case del posto! “l’acqua non si nega neppure agli assassini” (citazione di una guardia forestale incontrata lungo il percorso). Dal passo della futa (cimitero tedesco) non abbiamo trovato acqua fino alla pieve di Montepoli! (al passo dell’osteria bruciata è indicata una sorgente ma l’indicazione punta ad un’ammasso di rovi e razze). Sono parecchie ore di strada. Siate certi di avere almeno 2 litri a testa.

L’acqua che abbiamo trovato a Bivigliano non era molto buona: risultava appena sufficiente il giorno stesso, imbevibile il giorno successivo.

Costo

Il costo di tutta l’avventura è davvero minimo (se state a casa probabilmente spendete di più!). Se si posseggono zaino e scarpa il prezzo delle cibarie al supermercato non supera i 50 euro a testa (ma mangereste anche a casa…). Costano molto i cerotti per le vesciche 6 euro 3 cerotti: motivo in più per aumentare la prevenzione! Appena avvertite un arrossamento nel piede applicate subito un cerotto normale in modo che non venga più stressata quella zona cutanea! Se volete concedervi una birra ad ogni pausa in un centro abitato non dovrete aumentare di tanto il vostro budget. E’ una vacanza caratterizzata dal rapporto intensità/prezzo che tende a infinito.

La nostra avventura: la compagnia del baffo e del rosmarino.

I giorno

Ostemario
Inizio via degli deibologna via degli deivia degli deivia degli dei

prati bolognesi

iacopo longinottisan luca bolognaverso san luca 78

san luca proprietà privataarrivo a san luca

san luca porticatosantuario di san lucaiacopo longinotti
IACOPO LONGINOTTI

parco di talonparco Talon bologna

Parco della chiusa bolognaparco bolognaparco della chiusa

sasso marconi

via degli dei

via degli dei percorso

scarpe via degli dei

Contrafforte Pliocenico

simone civita

via degli dei

zaino invicta

Reno bolognavia degli dei sasso marconi

14

 II giorno

nova arbore via degli dei

Monte adone

monte adone

compagnia del rosmarino

Monte adone vista

Brento

badolo

antica via flaminia militare

20

pasta in campeggioIII giorno

baita degli alpini monzuno

bologna firenze madonna dei fornelli

madonna dei fornelli

via degli dei madonna dei fornelli

madonna dei fornelli via degli dei

madonna dei fornelli

bologna firenze

via degli dei banditacce

la futaIV giorno

pieve di montepoli

pieve di sant'agata

gabbiano mugello

 V giorno

gabbiano mugello

tagliaferro firenze

vetta le croci

V giorno e mezzo

firenze via degli dei

bologna firenze via degli dei

 

analisi 2001 odissea nello spazio

 

Analisi 2001 Odissea nello spazio – Stanley Kubrick

 

 

 

 

 

scimmie 2001

In Africa un gruppi di uomini-scimmia sopravvivono a loro stessi, cibandosi di piante e di uno spazio sconosciuto.

Un mattino il capo del branco delle scimmie, il primo a svegliarsi, nota la presenza di un parallelepipedo nero eretto, di media grandezza.

Le scimmie lo accerchiano con grida acute, alcune si raggruppano e lo circondano, o addirittura si avventurano a toccarlo. Poco dopo, scomparso il monolito, il capo clan, frugando tra ossa di tapiro, ha l’idea (suscitata, suggerisce il montaggio, dal ricordo del monolito) di prenderne uno per servirsene come strumento per colpire altre ossa, farle saltare, poi distruggerle.

2001 odissea scimmia

Gli uomini-scimmia si servono dell’osso arma per procacciarsi il cibo e conquistare una fonte d’acqua. Qui ha luogo un violento scontro tra due clan. La tribù di cui seguiamo la storia utilizza l’osso: arma per prendere vantaggio sugli avversari e stordire il loro capo.

L’apparizione del monolito ha segnato un passaggio fondamentale: l’uomo si è trasformato. ll primo segno di questa trasformazione è un’intuizione, una nuova associazione mentale che gli ha fatto scoprire l’uso

dello strumento per aggredire più efficacemente, cioè per essere vincente nella lotta per l’esistenza.

La scimmia diventa carnivora, uccide per una sorgente d’acqua e si sente potente.

L’evoluzione della specie ha avuto inizio con la competizione: la lotta per la vita, uno dei fondamentali meccanismi dell’evoluzione sia biologica che culturale. Urlando il proprio trionfo, l’uomo-scimmia lancia l’osso verso il cielo, fratturando il tempo verso il 2001.

poster 2001 odissea nello spazio

 L’evoluzione, sembra dirci Kubrick, non si è mai arrestata: l’intelligenza ha permesso all’uomo di superare lo stadio animale per affermare il suo predominio di fronte alle altre specie dell’universo. La scena continua nello spazio, l’hostess compie un percorso a 360° in assenza di gravità per servire un da pasto adatto all’assenza di gravità, camminando al suolo con delle suole adesive. L’uomo ha realizzato definitivamente il suo dominio nell’universo attraverso l’intelligenza e la tecnologia.

2001 odissea nello spazio

La stazione spaziale e le astronavi sono ambienti asettici, freddi come i rapporti interpersonali e Ia vita rimane congelata (gli astronauti ibernati nel Discovery). Kubrick, al pari di Nietzsche, mette in scacco la fiducia nel positivismo ottocentesco e il valore della ragione che ha bloccato l’istintività umana, racchiudendola nelle forme della tecnologia ed in ambienti specializzati (le immagini della lotta fra i due lottatori nella televisione), e ha portato l’uomo all’interno dei meccanismi alienanti della nuova società.

odissea nello spazio

 L’imperialismo dell’intelligenza si é tradotto nella rimozione totale delle emozioni e degli istinti, e quindi nella separazione dalla natura e della vita con cui essi mantengono l’uomo in rapporto più diretto e immediato. Mentre la natura e la vita procedono dialetticamente per cicli di morte e nascita, l’intelligenza procede linearmente forzando questi ritmi naturali e pretendendo il suo dominio sulla realtà, divenendo in tal modo mostruosa e distruttiva.

 

Il mondo di 2001 è maturo per la morte come sottolinea la musica intensamente malinconica di Kachaturian che accompagna l’esistenza monotona e vuota dei cosmonauti all’interno del Discovery.

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Nel corso di questo viaggio veniamo a sapere che é stato trovato un monolite, in apparenza “sepolto deliberatamente”, 4 milioni di anni prima sulla luna. La navetta atterra nei pressi di uno scavo illuminato aperto attorno a quest’oggetto. Gli uomini in scafandro marciano verso il monolito; uno degli studiosi porta Ia mano verso il monolito; uno di loro cerca di fotografare l’oggetto enigmatico, ma improvvisamente, con l’alba lunare, si inizia a sentire nel casco una sorta di sibilo stridente.

Ancora una volta il monolito nero riappare per rompere e mettere in crisi l’apparente sicurezza, l’insieme delle conquiste realizzate dall’intelligenza umana.
L’uomo, sembra dirci la presenza dei monolito, deve abbandonare lo stato evolutivo a cui é giunto, per poter giungere allo stadio dell’oltreuomo. L’intelligenza è stata essenziale nell’evoluzione umana, ma ora non basta più, per quanto sviluppata e sofisticata sia diventata.
Inizia la danza attraverso i pianeti.

Una lunga e bianca astronave, la Discovery, solca lo spazio verso Giove. A bordo vi sono gli astronauti Frank Poole e Dave Bowman e altri componenti ibernati.

hal 9000

Con loro o forse in loro HAL 9000, il computer di bordo, comincia a dare segni di malfunzionamento. HAL avverte che un elemento esterno e in avaria. Frank esce per sostituirlo e HAL io scaglia lontano nello spazio,  investendolo con una capsula.

Le macchine travolgono l’uomo con le stesse debolezze umane, in fondo ogni creazione é finita proprio perché materia, paranoia divina.

Abbandonato Frank nello spazio, Dave, in una titanica rinuncia alla vita per la vita, si dirige verso il vano circuiti della memoria di HAL, e li disattiva malgrado le implorazioni del computer. Disattivato HAL, scatta un messaggio pre-registrato che informa Dave sul vero scopo della missione, di cui era a conoscenza il solo HAL: il monolito trovato sulla Luna emetteva segnali in direzione di Giove, ma la sua funzione é rimasta misteriosa. In questa scena emerge uno dei protagonisti più interessanti dei film, ii computer HAL.

2001 odissea nello spazio

 

hal 9000

Non é una figura in carne ed ossa, ma la sua presenza é ovunque: si percepisce attraverso i dialoghi con gli astronauti e si rivela nella figura dell’occhio-camera che scruta l’equipaggio analizzandone i più piccoli particolari. Anche in questo “personaggio” si manifesta la natura contraddittoria dell’intelligenza umana in esso riposta: l’apparente sicurezza esteriore rivela una necessita tutta interiore di far riemergere il carattere ”umano” in esso presente. Egli è apparentemente privo di sentimenti e segue soltanto la sua logica di salvezza della missione, ma in realtà pone se stesso la di sopra di tutto a costo di distruggere la vita umana. Il carattere distruttivo dell’intelligenza avvolge anche HAL, figura che non riesce ad uscire dal labirinto della ragione, dal suo metodo di conoscenza e comunicazione (Heuristic and ALgoritmic),perché non possiede “la chiave” dell’istinto umano di Dave.

Giunto nell’orbita di Giove trova un monolito molto più grande, che si sposta lentamente nel vuoto, forse è il vuoto. Abbandonata la Discovery, Dave si avvicina al monolito, che improvvisamente si riempie di stelle spingendolo a velocità incredibili attraverso il cosmo, verso pianeti lontani, verso il non più umano, verso l’odissea nello spazio…

pink floyd

la porta della dimensione spazio – tempo si apre ed inizia un viaggio nella luce, nei colori, nelle forme, nel mistero della materia; lo sguardo esterrefatto dell’astronauta rimescola alle fantasmagoriche visioni, fino ad essere unificato con esse.

 “L’uomo supera lo stadio animale con la tecnologia e raggiunge lo stato del superuomo liberandosi di quella stessa tecnologia.” Dave ha fatto ricorso alla distruttività e ai suoi istinti animali per uccidere HAL, il mostro onnipresente e minaccioso. Qui è iniziata la trasformazione dell’uomo verso il superuomo.

viaggio dionisiaco

ll passaggio è sottolineato dal viaggio allucinatorio di Dave: le forme regolari e simmetriche della realtà lasciano il posto a figure irregolari e indefinibili, ad un arcobaleno di colori che rendono evidente lo sforzo del personaggio per entrare nell’oltre.

La telecamera si sposta sull’occhio, che cambia colore ogni volta che batte le ciglia.

2001 occhio

Quando le apre per l’ultima e si ritrova con l’astronave in una stanza in stile Luigi XVI, chiusa ermeticamente, illuminata dal pavimento, circondata da rumori riverberati. Ci sembra di vedere un altro uomo, ma è lo stesso Dave, molto invecchiato, nel suo scafandro; esplora la camera, entra in una stanza da bagno, si vede in uno specchio, avvertiamo il rumore di una presenza, si volta e torna verso la camera principale: c’è un uomo in vestaglia. E’ lo stesso Dave, ancora più vecchio, che mangia, si volta, poi si alza lentamente e viene verso di noi, guarda se c’è qualcuno nella stanza del bagno, poi come se avesse constatato che non c’è nessuno, torna a sedersi alla tavola imbandita.

2001 odissea nello spazio specchio

2001 bowman

Spostando la mano fa cadere un calice; si volta verso il letto e vede una forma strana distesa sopra un letto. E’ sempre Dave, molto vecchio, che alza la mano per indicare il monolito, comparso di fronte al letto. ln questa scena Dave ha riconquistato l’unità con il mondo che aveva perso attraverso il dominio dell’intelligenza. Soggetto e oggetto tornano a coincidere, l’io si ritrova nella totalità della realtà. L’immagine in cui Dave si specchia e inizia a vedere le trasformazioni del Dave invecchiato, confermano l’ipotesi evidenziando come l’uomo sia ritornato all’interno del processo di creazione e distruzione della natura. la Luna, poi la Terra, una luce come di un altro pianeta di dimensioni equivalenti arriva da sinistra: è la testa di un feto gigantesco assomigliante a Dave, si volge verso la Terra e poi gira lo sguardo verso di noi.

Così Dave diventa il Bambino delle Stelle, diventa lucifericamente Dio dopo aver guardato Dio. L’ultimo passo dell’evoluzione è compiuto, proprio quando nulla ormai ha più il sapore dell’uomo.

starchild 2001 odissea

Approfondimento

“The ultimate trip – 2001 Space odyssey”

Così recìtavano le locandine del film alle porte della sua prima apparizione al pubblico. Un titolo ambiguo e di difficile interpretazione che richiama alla nostra mente le peregrinazioni di Ulisse, all’interno però del vasto panorama moderno della tecnologia e delle contemporanee scoperte scientifiche.

ll risultato di questo “strano” connubio è tuttavia sorprendente e affascinante, ricco di innumerevoli colpi di scena nel quale il pubblico rimane spesso disorientato, ma piacevolmente attratto dal suo carattere profondamente enigmatico. ll film, come evidente nel titolo, è il viaggio del moderno Ulisse, Dave Bowman, l’uomo arco, la corda tesa verso l’infinito, l’assoluto: Ulisse è l’eroe che percorre il confine dell’umano, l’uomo che ascolta il canto delle sirene, il viandante che accetta l’ignoto e varca le colonne d’Ercole. Attraverso la figura dello spirito libero, Nietzsche mette a fuoco uno dei temi-chiave della sua filosofia: la vita dell’uomo ha valore per i grandi progetti che è capace di esprimere. Essere viandante, secondo Nietzsche, significa quindi essere colui che grazie alla scienza riesce ad emanciparsi dalle tenebre del passato, inaugurando una filosofia del mattino che si basa sulla concezione della vita come transitorietà e come libero esperimento senza certezze precostituite, un passo decisivo per divenire oltreuomo proprio come fa Bowman: si libera dalle certezze precostruite, dalla sicurezza, da HAL.

 

Tuttavia lo spirito libero è solo un viandante verso una meta ancora non chiarita. E dove dunque vogliamo arrivare? Al di là del mare? […] perché proprio in quella direzione, laggiù dove sono ƒino a oggi tramontati tutti i soli dell’umanità? Un giorno si dirà ƒorse di noi che, volgendo la prua a occidente, anche noi speravamo di raggiungere I’India, ma che fu il nostro destino a naufragare nell’infinito?

[F. Nietzsche, Aurora]

 

Anche nel film non è chiara quale sia la meta del viaggio, esso si conclude con l’immagine di un feto astrale, nega una conclusione vera e propria per inserirsi all’interno di quel ciclo naturale dove ogni cosa nasce, si sviluppa e muore per una successiva rigenerazione. Certa è comunque la sua distanza dal genere epico, nel quale i personaggi e le loro vicende si costruivano all’interno di un disegno ideologico unitario e organico che celebrava i valori di un’intera civiltà.

Nel film, al contrario, i personaggi restano abbandonati al loro destino, riscoprono un totale smarrimento di fronte alla vastità di uno spazio infinito dove l’uomo ha perso le sue coordinate. ll senso delle vicende, di cui i personaggi si rendono protagonisti, e i valori etici e morali non sono dati come nel romanzo epico, ma vanno ricercati costantemente con la più nuda consapevolezza che difficile è la conquista dell’obbiettivo e la posta in gioco è il destino dell’identità dell’intero genere umano.

Il viaggio dunque non è il semplice sfondo del film, piuttosto uno dei temi centrali in quanto esso costituisce la possibilità e soprattutto la necessità di riscoprire la dimensione autentica dell’uomo, la sua vera natura che il mondo della tecnologia e delle ideologie hanno coperto. L’arte, in questo caso il cinema, si propone di affrancare lo spirito dell’uomo, di liberarlo dalle sovrastrutture dell’umanità, rendendoci coscienti attraverso la sua conoscenza contemplativa e non utilitaria degli scompensi del reale. Ci mette di fronte allo specchio, proprio come fa Bowman nella stanza in stile Luigi XVI, permettendoci di ritrovare attraverso una sorta di regressione verso la nostra infanzia quel rapporto di immediatezza e ingenuità con il mondo che l’umanità ha nascosto dietro alle sue false illusioni del progresso.

Zarathustra, in un certo senso, si reincarna in Kubrick.

Nietzsche, ha elaborato, attraverso un confronto con il mondo degli antichi, una profonda analisi del novecento, evidenziando, secondo la lezione di Schopenhauer, l’aspetto contraddittorio di questo secolo: in origine nel mondo esistevano due forze opposte e il loro contrasto è a fondamento della vita. Questa duplicità dello spirito si mostra attraverso le maschere di Apollo e Dioniso.

Apollo è il dio della luce e della chiarezza, della misura e della forma: l’apollineo simboleggia l’inclinazione plastica, la tensione alla forma perfetta; Dioniso è il dio della notte e dell’ebbrezza, del caotico e dello smisurato: il dionisiaco simboleggia l’energia istintuale, l’eccesso, il furore. Esso è impulso di liberazione e di abbandono.

Con il passare dei secoli l’uomo si è l’evoluto/involuto cercando di razionalizzare l’irrazionalizzabile spinto da un bisogno di rassicurazione, dall’esigenza di rendere tollerabile il disordine della vita, fagocitando cosi la componente della forza dionisiaca e decretando in tal modo non solo la fine della tragedia ma anche quel carattere di indubbia organicità e compattezza che si creava al suo interno dal conflitto dialettico di queste due parti.

La sconfitta, la frustrazione, il senso di impotenza sono aspetti ormai evidenti nei protagonisti del film che scoprono nella tecnologia l’illusione di dare un senso alla realtà, di razionalizzarla mascherando però il carattere caotico e irrazionale dello spirito dionisiaco. Il conflitto lacerante tra spirito apollineo e spirito dionisiaco si risolveva, nella antichità, nella promessa di una rigenerazione dell’eroe: l’angoscia e la sofferenza di una “doppia” realtà lasciava il posto ad una catarsi, ad una purificazione interiore che cancellava, nel momento della morte, la sofferenza dell’individuo per riportarlo ad una nuova vita.

Nella modernità la scomparsa della componente irrazionale dello spirito dionisiaco, a causa di una ragione totalizzante e chiarificatrice, ha decretato la fine della possibilità della rigenerazione: HAL, il computer umanoide, muore e la sua morte è definitiva, senza possibilità di proiettarsi verso una nuova esistenza; la sua morte è ricostruita nel passaggio che ripercorre le tappe verso la sua infanzia, è un ritorno al passato che preclude l’eternità del suo sistema. Ma c’è un uomo, e questo è Dave Bowman (la cui traduzione letterale arco-uomo) che esce dal mondo della tecnologia per ritrovare nella natura istintuale e pulsante dell’uomo l’autenticità della propria identità.

Scollega il computer, lascia il carattere dogmatico e assoluto della ragione, per ritrovare l’ingenuità del primate e una nuova ragione questa volta aperta e problematica. Supera la fase di servitù nei confronti della morale e della scienza per risvegliare la libertà che è in lui; la sua è una volontà che da critica diventa man mano produttiva verso l’essenza dionisiaca della libertà umana e il gioco creativo della vita. Nell’orizzonte siderale, segnato come limite da superare attraverso la figura del monolito, l’astronauta, con le sue sole forze, si spinge “oltre l’uomo” per ritrovarsi, per riprendere su di sé la potenza dell’istinto.

Credo che c’è una stretta connessione tra Haiku e fotografia.
Per chi non sapesse cosa siano gli Haiku allego qualche esempio, citando i miei preferiti, e la prefazione di un’antologia scritta da Leonardo Vittorio Arena (docente presso l’Università di Urbino).

“Non esistono foto belle o foto brutte. Solo foto prese da vicino o da lontano.”
Robert Capa

Il grande fotografo quando scatta un’istantanea fa parte dell’insieme, del momento.
È in mezzo all’attimo che vuole immortalare. Vive un’emozione e racchiude lo sguardo che ha del mondo esterno su piccole strisce di nitrato d’argento.
Impressionismo soggettivo.
Una precisa coordinata dello spazio-tempo.

Il soggetto dell’Haiku è una scena fugace ed intensa, spesso di quotidianità, che descrive la realtà e ne cristallizza i particolari nell’attimo presente.
Altra caratteristica è che il poeta di Haiku non si distacca mai dalla realtà per assumere una postazione privilegiata, da cui contemplarla, ma si identifica in essa, la penetra

Stessa “tecnica” ha la fotografia. Entrambe le arti vogliono esprimere la bellezza che si racchiude in un istante rapido, a volte quotidiano, naturale. Il fotografo non si pone al di sopra del mondo che immortala, ma attraverso la fotografia condivide uno stato d’animo.
Un impressionismo soggettivo come quello dell’haiku.

D’altro canto, invece, la produzione letteraria occidentale mira generalmente ad accentuare la distanza tra il lettore e l’autore, per esaltare le prerogative di quest’ultimo nei confronti dell’osservazione della realtà. Ovviamente ci sono vistose eccezioni nell’ambito nella poesia occidentale (Wordsworth per esempio).¹

¹L. V. Arena,L’Haiku considerazioni estetiche, II capitolo,Pillole Bur,2010

Accatastata per il fuoco,
la fascina
comincia a germogliare.
Boncho

Tristezza
per il bambino malato
una gabbia di lucciole

Riflesso del ruscello
la rondine si lancia,
un pesce
Saimaro

Inizio d’autunno
nel mare e nei campi
un verde solo
Basho

Ragazza felice di trovarsi così
ad occhi chiusi
in un giorno primaverile
Seishi

Scena nuda:
un cane nel villaggio
abbaia ad una pazza
Shiki

I fiori sono stupendi,
e ignorano
che io sono vecchia.
Chigetsu

haiku e fotografiaSimone Civita 2013


Tratto da “Haiku”, prefazione di Leonardo Vittorio Arena.
L’haiku si rifà, essenzialmente, allo spirito giapponese. La semplicità della sua struttura riproduce infatti componenti tipiche della mentalità giapponese. L’atmosfera dell’Haiku, al pari della prosa di Beckett, è caratterizzata da intime profondità, inaccessibili a una lettura disattenta: è come la punta di un iceberg, che cela un’altra massa di gelo, nascosta e impercettibile. Solo quando l’autore è immediato e naturale, la composizione acquista il suo valore e il lettore può goderne. Ci si deve calare nella realtà, contemplandola come un processo, una serie di eventi estremamente fluidi […].

Queste sono tutte fotografie scattate nei miei anni di liceo.
Noto molto in questi scatti il mio cambiamento interiore in questo periodo di formazione per ogni uomo.

Ali di Airone Cinerino in volo sul Lungo Entella. Simone Civita 2007
Ali di Airone Cinerino in volo sul Lungo Entella. Simone Civita 2007

Questa foto l’ho scattata sul lungo Entella a Chiavari, nell’area protetta. E’ stata una delle mie foto più importanti per il superamento della tecnica. Era la seconda o terza volta che fotografavo con la Reflex di mio padre. La tecnica fotografica l’avevo appresa attraverso l’utilizzo di una compatta manuale e digitale olympus che mi fu regalata alle medie.

la calma prima della tempesta Foce dell'Entella Chiavari Simone Civita
la calma prima della tempesta
Foce dell’Entella Chiavari
Simone Civita

Sempre alla foce dell’Entella. Con la bicicletta corsi prima della tempesta a fotografare ripromettendomi che non avrei fatto bagnare la macchina… Scatto dopo scatto le nuvole si avvicinarono e quando le prime gocce cominciarono a scendere fuggii. Arrivai a casa fradicio e dopo aver visto queste foto mio padre non mi disse nulla tranne che un “bravo”. Soddisfazione immensa!

ritratto scattato a bordo di un traghetto da Simone Civita nel 2007
ritratto scattato a bordo di un traghetto da Simone Civita nel 2007

Con la mia famiglia eravamo su qualche traghetto. Scatto con la mia vecchia Olympus, uno dei miei primi ritratti.

Simone Civita, roma, san pietro

Qui eravamo a Roma davanti alla basilica di San Pietro. Con questa foto mi sono spinto sempre più verso le “foto concettuali” o la fotografia artistica più che il reportage. Alla base di questa scelta c’era il fatto che difficilmente avevo la fotocamera a disposizione. Per questo, quando riuscivo ad entrarne in possesso, dovevo già avere capito a cosa volevo ritrarre.

-aggiornamento 2020 Questa frase che ho scritto quasi 10 anni fa mi ricorda che l’arte è sempre frutto di necessità e non di mezzi. –

Fuori dall'oscurità Simone Civita 2008
Fuori dall’oscurità Simone Civita 2008

“Foto concettuale” fuori il ristorante dove mio fratello aveva festeggiato la cresima. Una delle foto più apprezzate dal popolo di internet (dA Canoniani.it su Facebook).

Simone Civita Camargue
“Il volo” Scattato da Simone Civita in Camargue

Ali un paio di anni dopo, in Camargue in vacanza con i miei genitori. Si avvicinava il tramonto, appena il sole calò venni assalito da un’infinità di zanzare

Solitario come un fiore Simone Civita
Solitario come un fiore
Simone Civita

“Solitario come un fiore” bianco in mezzo a molti altri colorati. Parlavo con Maurizio di come sia presente ovunque la bellezza e una foto bella. <>.

Ombre, alienazione Simone Civita
Ombre, alienazione
Simone Civita

Ombre, grigiore, televisione, distorsioni.
Una delle mie foto preferite.

The rusted chains of prison moons Are shattered by the sun King Crimson Simone Civita
The rusted chains of prison moons Are shattered by the sun
King Crimson
Simone Civita

Le catene arrugginite vengono distrutte dal sole.
King Crimson.
Questa foto, questo titolo, segna l’inizio della mia seconda grande passione: la musica.
Scattata la foto mi è tornato alla mente quel primo album dei King Crimson. Un turbine di colori, uno scivolo in mezzo al grigiore della periferia Genovese.

Simone Civita