Appunti personali (perché anch’io mi dimentico qualche colore) e per ragazze/i con un minimo di conoscenza della descrizione ondulatoria della luce, e di elementi chimici e composti.
I colori del cosmo (in aggiornamento…)
Una delle cose che mi interessa di più della fotografia è la possibilità di osservare, in maniera diversa, le cose che ci stanno attorno. L’astrofotografia acuisce i sensi verso lo spazio e ci permette di sondare il nostro rapporto con l’oltre il nostro giardino. Nostro, ma allo stesso tempo di tutte le forme di vita che sono a bordo di questa grande astronave con cui condividiamo il viaggio nel “vuoto” cosmico.
I colori che vediamo
Come esseri viventi terresti, per sopravvivenza, ci siamo evoluti in modo da riconoscere alcune sfumature di colori. Esempi banali: un fungo rosso non si mangia, un frutto quando è maturo è di un colore specifico e lo identifichiamo da distante tra le foglie verdi…etc.
Ovviamente siamo diventati abili vedere, e riconoscere, solo colori che raggiungono il suolo terrestre: ovvero fotoni che riescono a superare l’atmosfera. Come si può vedere bene dal disegno preso da Wikipedia i colori dell’arcobaleno sono solo un sottogruppo di tutto lo spettro della luce (che va dai più energetici raggi gamma alle meno energetiche onde radio).

La luce nel cosmo ha una miriade di “colori” (frequenze di onde elettromagnetiche). L’uomo attraverso i suoi sensi può percepirne diversi, come ad esempio i colori delle stelle. Tuttavia, come la figura sopra ci mostrava, il senso della vista può farci cogliere solo una ristretta parte della moltitudine dei colori della luce. Attraverso l’ingegno nei secoli l’uomo è riuscito ad immaginare un modo per acuire in sensi in una direzione. In particolare dopo l’invenzione del telescopio e nell’ottocento con la nascita della spettroscopia, ha acquisito la possibilità di vedere nuove diverse sfumature del cosmo. (Nell’articolo citato è interessante vedere come si ingegnavano gli uomini dei secoli scorsi per misurare ciò che gli occhi non permettevano di vedere: ad esempio misuravano gli infrarossi con i termometri).
Gli oggetti celesti possono essere molto deboli tanto da non eccitare, sulla nostra retina, i coni che sono responsabili della nostra percezione del colore. Grandi telescopi, o sensori e foto a lunga posa possono compensare questa scarsa intensità luminosa permettendoci di distinguere i colori nel cosmo.

L’origine di questa luce e dei suoi colori è molto sottile e può essere spiegata in dettaglio. In questa breve raccolta di appunti, con un livello di difficoltà aperto a tutti, mi voglio concentrare sui colori che possiamo percepire anche noi come tali, osservando con un telescopio il cosmo.
Capita spesso infatti che i colori delle astrofotografie siano in falsi colori, cioè che non rispecchiano i colori reali. La scelta cromatica dei diversi colori è arbitraria ed è dettata dal bisogno di avere un contrasto dal punto di vista spettrale che può fornire informazioni sulla natura stessa dei fenomeni cosmici. In poche parole, quello che si fa nelle foto a falsi colori è attribuire ad alcuni colori (dovuti alla presenza di elementi specifici come l’ossigeno l’azoto l’idrogeno il calcio etc) colori tali da rendere apprezzabile la posizione dei diversi elementi e la loro abbondanza.
Come primo approccio mi concentrerò sull’origine della luce stellare, ovvero dei fotoni che escono dalle nostre stelle. Successivamente mi concentrerò sull’origine degli altri colori che si vedono nel cosmo e nelle astrofotografie. In particolare dei colori delle nebulose.
Origine della luce stellare
L’origine dei colori delle stelle non è un fatto banale. Anzi, fino ad un centinaio di anni fa non si avevano che ipotesi, e per lo più sbagliate.

Mi ricordo, dalle lezioni di fisica, lo stupore di imparare che le stelle, per me le lampadine per eccellenza, in realtà sono oggetti opachi come un semplice tocco di carbone. Si producono effettivamente fotoni all’interno delle stelle attraverso le reazioni nucleari innescate dal collasso gravitazionale, ma non sono propriamente quelli che vediamo direttamente. Questi fotoni nascono dalle reazioni nucleari, sbattono contro atomi vicini, vengono assorbiti e riemessi, interagiscono in questo modo milioni di volte prima di arrivare alla fotosfera (uno dei gusci esterni della stella) impiegando centinaia di migliaia di anni (per i nostri fotoni Solari) per uscire.
Questo è interessante: se ci fosse una modifica nella generazione di fotoni all’interno del Sole (quindi supponendo ad esempio che non ci siano più reazioni nucleari), noi ce ne accorgeremmo solo centinaia di migliaia di anni dopo (guardando ai soli fotoni e non ai neutrini per esempio).
In tutto questo torneo di collisioni e mazzate il fotone acquisisce un’energia tipica della temperatura della fotosfera: stelle calde=blu-azzurro stelle fredde=giallo-rosso.

Nebulosa a emissione
La luce creata da queste stelle viaggia nel cosmo, che non è ovunque realmente vuoto. Il mezzo interstellare infatti è composto da diversi elementi. Il più abbondante è anche quello più semplice: l’idrogeno. La luce così si trova ad avere a che fare con l’idrogeno.
Un fotone può interagire con un atomo in diverse maniere (effetto Compton, effetto fotoelettrico, produzione di coppie, fotodisgregazione). Se ha un’energia tipica (nell’UltraVioletto) di una stella (calda) il fotone può cedere parte della sua energia alla nube elettronica dell’atomo. Questo surplus di energia viene quindi assorbita dall’elettrone. L’atomo può quindi passare ad una forma eccitata in cui l’elettrone non ha la minore energia possibile (ovvero non è nel suo stato fondamentale).
Si può pensare proprio ad una scala in cui l’elettrone, che sta pacifico nel suo stato fondamentale e più basso (1), riceve un calcio (freccia nera verso l’alto), aumenta la sua energia e quindi raggiunge un livello maggiore su per una scala energetica (ad esempio fino al livello 3).
Siccome questa forma eccitata non è stabile l’elettrone decade da questi livelli eccitati fino ad un livello di energia più basso (le varie frecce nere verso il basso). Questo può avvenire solo per salti energetici discreti (o quantizzati) emettendo fotoni con alcune energie caratteristiche (e quindi con colori distinti). Tra quelli visibili dall’occhio umano ci sono i salti colorati. Il salto più piccolo è quello che genera un fotone di minore energia (rosso), viceversa un salto grande=grande energia del fotone (UV). Il disegno non è in scala, la scala energetica è scritta a destra in unità di eV (elettronVolt). I colori visibili appartengono solo alla serie di Balmar, ovvero sono fotoni che arrivano allo stato eccitato 2 partendo da stati ad energia maggiore (da n>2 a n=2). I fotoni nel visibile sono tre e si chiamano rispettivamente
- Hydrogen-Alpha (656.3 nm), Rosso, da 3 a 4 volte più intenso (probabile) della H-beta.
- Hydrogen-Beta (486.1 nm), Blu-ciano
- Hydrogen-Gamma (434.1 nm), Blu-violetto, intenso circa la metà rispetto all’H-beta

Se l’energia del fotone è superiore ad un certo valore (13.6eV che corrisponde ad un ultravioletto duro (generato ad esempio da una stella molto calda) ed è chiamata energia di ionizzazione) può strappare addirittura l’elettrone all’atomo. Solitamente, una stella molto calda che emette fotoni ad energia tale da rendere eccitato l’idrogeno, ha una buona probabilità di ionizzare l’atomo.
Temperatura (in kelvin)[1] | Colore assoluto | Colore apparente[2][3][4] | Classe Harvard (di temperatura) | Massa[1]
M⊙=Massa Sole |
Raggio[1]
R⊙=Raggio solare |
Luminosità[1] (bolometrica) |
Linee dell’idrogeno |
Frazione fra tutte le stelle di sequenza principale[5] |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|
≥33000 K | blu | blu | O | ≥16 M⊙ | ≥6,6 R⊙ | ≥30000 L⊙ | Deboli | ~0,00003% |
10000–33000 K | azzurro | blu chiaro | B | 2,1–16 M⊙ | 1,8–6,6 R⊙ | 25–30000 L⊙ | Medie | 0,13% |
7500–10000 K | bianco | azzurro | A | 1,4–2,1 M⊙ | 1,4–1,8 R⊙ | 5–25 L⊙ | Forti | 0,6% |
6000–7500 K | bianco-giallo | bianco | F | 1,04–1,4 M⊙ | 1,15–1,4 R⊙ | 1,5–5 S | Medie | 3% |
5200–6000 K | giallo | bianco-giallo | G | 0,8–1,04 M⊙ | 0,96–1,15 R⊙ | 0,6–1,5 L⊙ | Deboli | 7,6% |
3700–5200 K | arancione | giallo-arancione | K | 0,45–0,8 M⊙ | 0,7–0,96 R⊙ | 0,08–0,6 L⊙ | Molto deboli | 12,1% |
≤3700 K | rosso | arancio-rosso | M | 0,08–0,45 M⊙ | ≤0,7 R⊙ | ≤0,08 L⊙ | Molto deboli | 76,45% |
Una volta che l’atomo è ionizzato, il nucleo e l’elettrone sono spaiati e si possono ricombinare per formare un nuovo atomo con elettroni tipicamente nello stato energetico più alto. In questo modo l’elettrone ripercorrerà a cascata il grafico emettendo energia fino ad arrivare allo stato fondamentale. Questo processo prevede l’emissione di un H-alfa circa la metà delle volte. Quindi, l’emissione H-alpha indica che l’idrogeno è ionizzato in quel punto.
In questo modo attraverso un’astrofotografia, rilevando il tipico colore rosso dell’Halpha, si può localizzare una zona in cui il gas è ionizzato ad esempio da giovani calde stelle. Questa è infatti una prova effettiva per identificare una regione di formazione stellare in quanto è circondata da gas continuamente ionizzato da giovani calde stelle. Queste regioni sono quelle comunemente chiamate HII.
Oltre all’idrogeno che riveste circa il 90% della materia ionizzata nell’universo, si posso trovare altri elementi ionizzati come l’azoto, lo zolfo e l’ossigeno. Quando un atomo perde due elettroni si dice ionizzato due volte e si rappresenta col numero romano III dopo il simbolo dell’elemento (ad esempio OIII ossigeno ionizzato due volte). Questi elementi ionizzati o neutri (I) emettono con questi colori
- Oxygen III (500.7 nm) Blu-verde.
- Oxygen III (495.9 nm) Blu-verde, 1/5 volte della linea 500.7 nm (nebulium interessante discussione sugli elementi ignoti)
- Nitrogen II (658.3 nm) Rosso
- Nitrogen II (654.8 nm) Rosso, circa 1/4 della linea a 658.3 nm
- Helium I (587.6 nm) Arancio
- Helium II (468.6 nm) Blu
Nebulose planetarie
Le nebulose planetarie sono semplicemente nebulose ad emissione in cui la sorgente fotonica è costituita da una supergigante esplosa, ad esempio una nana bianca. Questa stella eccita la materia che a sua volta emette fotoni per il processo spiegato nel paragrafo precedente. In particolare, la materia eccitata non è altro che gli strati esterni della stella esplosa. Per questo motivo, oltre all’idrogeno e all’elio, è presente una quantità non trascurabile di ossigeno e azoto.
Nebulose a riflessione

In progress..
Comete
Riassumendo
Come spiegato in questo link al sito di R. Clark, e qui riportato tradotto per completezza, quando si vede un colore in una astrofotografia le sue origini possono essere collegate ai seguenti fenomeni:
- Rosso –> Rosa = Colore generato dall’H-alpha quando la polvere interstellare assorbe le linee H-beta e H-gamma delle nebulose ad emissione dell’idrogeno (più polvere = più virato sul rosso)
- Azzurro, Magenta= H-alpha + H-beta + H-gamma nelle nebulose di idrogeno ad emissione con moderato assorbimento della polvere.
- Rosa = H-alpha + H-beta + H-gamma + Ossigeno e/o Zolfo (OIII / SII)
- Arancione, Marrone = polvere
- Blu cielo chiaro = Scattering di Rayleigh da particelle poco più piccole della luce visibile
- Blu cielo profondo = Scattering di Rayleigh da particelle più piccole della luce visibile
- Verde (foglia di thè) e biancastro blu = Dominato dall’emissione dell’ossigeno (OIII)
L’intensità luminosa di queste nebulose, che giunge fino a noi, è troppo debole per azionare la nostra fovea (ovvero per vedere i colori) e abbiamo bisogno di telescopi molto grandi. Attraverso la tecnica fotografica, l’astrofotografia ci permette di arrivare molto lontano…