

Analisi 2001 Odissea nello spazio – Stanley Kubrick

In Africa un gruppi di uomini-scimmia sopravvivono a loro stessi, cibandosi di piante e di uno spazio sconosciuto.
Un mattino il capo del branco delle scimmie, il primo a svegliarsi, nota la presenza di un parallelepipedo nero eretto, di media grandezza.
Le scimmie lo accerchiano con grida acute, alcune si raggruppano e lo circondano, o addirittura si avventurano a toccarlo. Poco dopo, scomparso il monolito, il capo clan, frugando tra ossa di tapiro, ha l’idea (suscitata, suggerisce il montaggio, dal ricordo del monolito) di prenderne uno per servirsene come strumento per colpire altre ossa, farle saltare, poi distruggerle.
Gli uomini-scimmia si servono dell’osso arma per procacciarsi il cibo e conquistare una fonte d’acqua. Qui ha luogo un violento scontro tra due clan. La tribù di cui seguiamo la storia utilizza l’osso: arma per prendere vantaggio sugli avversari e stordire il loro capo.
L’apparizione del monolito ha segnato un passaggio fondamentale: l’uomo si è trasformato. ll primo segno di questa trasformazione è un’intuizione, una nuova associazione mentale che gli ha fatto scoprire l’uso
dello strumento per aggredire più efficacemente, cioè per essere vincente nella lotta per l’esistenza.
La scimmia diventa carnivora, uccide per una sorgente d’acqua e si sente potente.
L’evoluzione della specie ha avuto inizio con la competizione: la lotta per la vita, uno dei fondamentali meccanismi dell’evoluzione sia biologica che culturale. Urlando il proprio trionfo, l’uomo-scimmia lancia l’osso verso il cielo, fratturando il tempo verso il 2001.
L’evoluzione, sembra dirci Kubrick, non si è mai arrestata: l’intelligenza ha permesso all’uomo di superare lo stadio animale per affermare il suo predominio di fronte alle altre specie dell’universo. La scena continua nello spazio, l’hostess compie un percorso a 360° in assenza di gravità per servire un da pasto adatto all’assenza di gravità, camminando al suolo con delle suole adesive. L’uomo ha realizzato definitivamente il suo dominio nell’universo attraverso l’intelligenza e la tecnologia.
La stazione spaziale e le astronavi sono ambienti asettici, freddi come i rapporti interpersonali e Ia vita rimane congelata (gli astronauti ibernati nel Discovery). Kubrick, al pari di Nietzsche, mette in scacco la fiducia nel positivismo ottocentesco e il valore della ragione che ha bloccato l’istintività umana, racchiudendola nelle forme della tecnologia ed in ambienti specializzati (le immagini della lotta fra i due lottatori nella televisione), e ha portato l’uomo all’interno dei meccanismi alienanti della nuova società.

L’imperialismo dell’intelligenza si é tradotto nella rimozione totale delle emozioni e degli istinti, e quindi nella separazione dalla natura e della vita con cui essi mantengono l’uomo in rapporto più diretto e immediato. Mentre la natura e la vita procedono dialetticamente per cicli di morte e nascita, l’intelligenza procede linearmente forzando questi ritmi naturali e pretendendo il suo dominio sulla realtà, divenendo in tal modo mostruosa e distruttiva.
Il mondo di 2001 è maturo per la morte come sottolinea la musica intensamente malinconica di Kachaturian che accompagna l’esistenza monotona e vuota dei cosmonauti all’interno del Discovery.
Nel corso di questo viaggio veniamo a sapere che é stato trovato un monolite, in apparenza “sepolto deliberatamente”, 4 milioni di anni prima sulla luna. La navetta atterra nei pressi di uno scavo illuminato aperto attorno a quest’oggetto. Gli uomini in scafandro marciano verso il monolito; uno degli studiosi porta Ia mano verso il monolito; uno di loro cerca di fotografare l’oggetto enigmatico, ma improvvisamente, con l’alba lunare, si inizia a sentire nel casco una sorta di sibilo stridente.
Ancora una volta il monolito nero riappare per rompere e mettere in crisi l’apparente sicurezza, l’insieme delle conquiste realizzate dall’intelligenza umana.
L’uomo, sembra dirci la presenza dei monolito, deve abbandonare lo stato evolutivo a cui é giunto, per poter giungere allo stadio dell’oltreuomo. L’intelligenza è stata essenziale nell’evoluzione umana, ma ora non basta più, per quanto sviluppata e sofisticata sia diventata.
Inizia la danza attraverso i pianeti.
Una lunga e bianca astronave, la Discovery, solca lo spazio verso Giove. A bordo vi sono gli astronauti Frank Poole e Dave Bowman e altri componenti ibernati.

Con loro o forse in loro HAL 9000, il computer di bordo, comincia a dare segni di malfunzionamento. HAL avverte che un elemento esterno e in avaria. Frank esce per sostituirlo e HAL io scaglia lontano nello spazio, investendolo con una capsula.
Le macchine travolgono l’uomo con le stesse debolezze umane, in fondo ogni creazione é finita proprio perché materia, paranoia divina.
Abbandonato Frank nello spazio, Dave, in una titanica rinuncia alla vita per la vita, si dirige verso il vano circuiti della memoria di HAL, e li disattiva malgrado le implorazioni del computer. Disattivato HAL, scatta un messaggio pre-registrato che informa Dave sul vero scopo della missione, di cui era a conoscenza il solo HAL: il monolito trovato sulla Luna emetteva segnali in direzione di Giove, ma la sua funzione é rimasta misteriosa. In questa scena emerge uno dei protagonisti più interessanti dei film, ii computer HAL.


Non é una figura in carne ed ossa, ma la sua presenza é ovunque: si percepisce attraverso i dialoghi con gli astronauti e si rivela nella figura dell’occhio-camera che scruta l’equipaggio analizzandone i più piccoli particolari. Anche in questo “personaggio” si manifesta la natura contraddittoria dell’intelligenza umana in esso riposta: l’apparente sicurezza esteriore rivela una necessita tutta interiore di far riemergere il carattere ”umano” in esso presente. Egli è apparentemente privo di sentimenti e segue soltanto la sua logica di salvezza della missione, ma in realtà pone se stesso la di sopra di tutto a costo di distruggere la vita umana. Il carattere distruttivo dell’intelligenza avvolge anche HAL, figura che non riesce ad uscire dal labirinto della ragione, dal suo metodo di conoscenza e comunicazione (Heuristic and ALgoritmic),perché non possiede “la chiave” dell’istinto umano di Dave.
Giunto nell’orbita di Giove trova un monolito molto più grande, che si sposta lentamente nel vuoto, forse è il vuoto. Abbandonata la Discovery, Dave si avvicina al monolito, che improvvisamente si riempie di stelle spingendolo a velocità incredibili attraverso il cosmo, verso pianeti lontani, verso il non più umano, verso l’odissea nello spazio…
la porta della dimensione spazio – tempo si apre ed inizia un viaggio nella luce, nei colori, nelle forme, nel mistero della materia; lo sguardo esterrefatto dell’astronauta rimescola alle fantasmagoriche visioni, fino ad essere unificato con esse.
“L’uomo supera lo stadio animale con la tecnologia e raggiunge lo stato del superuomo liberandosi di quella stessa tecnologia.” Dave ha fatto ricorso alla distruttività e ai suoi istinti animali per uccidere HAL, il mostro onnipresente e minaccioso. Qui è iniziata la trasformazione dell’uomo verso il superuomo.
ll passaggio è sottolineato dal viaggio allucinatorio di Dave: le forme regolari e simmetriche della realtà lasciano il posto a figure irregolari e indefinibili, ad un arcobaleno di colori che rendono evidente lo sforzo del personaggio per entrare nell’oltre.
La telecamera si sposta sull’occhio, che cambia colore ogni volta che batte le ciglia.
Quando le apre per l’ultima e si ritrova con l’astronave in una stanza in stile Luigi XVI, chiusa ermeticamente, illuminata dal pavimento, circondata da rumori riverberati. Ci sembra di vedere un altro uomo, ma è lo stesso Dave, molto invecchiato, nel suo scafandro; esplora la camera, entra in una stanza da bagno, si vede in uno specchio, avvertiamo il rumore di una presenza, si volta e torna verso la camera principale: c’è un uomo in vestaglia. E’ lo stesso Dave, ancora più vecchio, che mangia, si volta, poi si alza lentamente e viene verso di noi, guarda se c’è qualcuno nella stanza del bagno, poi come se avesse constatato che non c’è nessuno, torna a sedersi alla tavola imbandita.
Spostando la mano fa cadere un calice; si volta verso il letto e vede una forma strana distesa sopra un letto. E’ sempre Dave, molto vecchio, che alza la mano per indicare il monolito, comparso di fronte al letto. ln questa scena Dave ha riconquistato l’unità con il mondo che aveva perso attraverso il dominio dell’intelligenza. Soggetto e oggetto tornano a coincidere, l’io si ritrova nella totalità della realtà. L’immagine in cui Dave si specchia e inizia a vedere le trasformazioni del Dave invecchiato, confermano l’ipotesi evidenziando come l’uomo sia ritornato all’interno del processo di creazione e distruzione della natura. la Luna, poi la Terra, una luce come di un altro pianeta di dimensioni equivalenti arriva da sinistra: è la testa di un feto gigantesco assomigliante a Dave, si volge verso la Terra e poi gira lo sguardo verso di noi.
Così Dave diventa il Bambino delle Stelle, diventa lucifericamente Dio dopo aver guardato Dio. L’ultimo passo dell’evoluzione è compiuto, proprio quando nulla ormai ha più il sapore dell’uomo.
Approfondimento
“The ultimate trip – 2001 Space odyssey”
Così recìtavano le locandine del film alle porte della sua prima apparizione al pubblico. Un titolo ambiguo e di difficile interpretazione che richiama alla nostra mente le peregrinazioni di Ulisse, all’interno però del vasto panorama moderno della tecnologia e delle contemporanee scoperte scientifiche.
ll risultato di questo “strano” connubio è tuttavia sorprendente e affascinante, ricco di innumerevoli colpi di scena nel quale il pubblico rimane spesso disorientato, ma piacevolmente attratto dal suo carattere profondamente enigmatico. ll film, come evidente nel titolo, è il viaggio del moderno Ulisse, Dave Bowman, l’uomo arco, la corda tesa verso l’infinito, l’assoluto: Ulisse è l’eroe che percorre il confine dell’umano, l’uomo che ascolta il canto delle sirene, il viandante che accetta l’ignoto e varca le colonne d’Ercole. Attraverso la figura dello spirito libero, Nietzsche mette a fuoco uno dei temi-chiave della sua filosofia: la vita dell’uomo ha valore per i grandi progetti che è capace di esprimere. Essere viandante, secondo Nietzsche, significa quindi essere colui che grazie alla scienza riesce ad emanciparsi dalle tenebre del passato, inaugurando una filosofia del mattino che si basa sulla concezione della vita come transitorietà e come libero esperimento senza certezze precostituite, un passo decisivo per divenire oltreuomo proprio come fa Bowman: si libera dalle certezze precostruite, dalla sicurezza, da HAL.
Tuttavia lo spirito libero è solo un viandante verso una meta ancora non chiarita. E dove dunque vogliamo arrivare? Al di là del mare? […] perché proprio in quella direzione, laggiù dove sono ƒino a oggi tramontati tutti i soli dell’umanità? Un giorno si dirà ƒorse di noi che, volgendo la prua a occidente, anche noi speravamo di raggiungere I’India, ma che fu il nostro destino a naufragare nell’infinito?
[F. Nietzsche, Aurora]
Anche nel film non è chiara quale sia la meta del viaggio, esso si conclude con l’immagine di un feto astrale, nega una conclusione vera e propria per inserirsi all’interno di quel ciclo naturale dove ogni cosa nasce, si sviluppa e muore per una successiva rigenerazione. Certa è comunque la sua distanza dal genere epico, nel quale i personaggi e le loro vicende si costruivano all’interno di un disegno ideologico unitario e organico che celebrava i valori di un’intera civiltà.
Nel film, al contrario, i personaggi restano abbandonati al loro destino, riscoprono un totale smarrimento di fronte alla vastità di uno spazio infinito dove l’uomo ha perso le sue coordinate. ll senso delle vicende, di cui i personaggi si rendono protagonisti, e i valori etici e morali non sono dati come nel romanzo epico, ma vanno ricercati costantemente con la più nuda consapevolezza che difficile è la conquista dell’obbiettivo e la posta in gioco è il destino dell’identità dell’intero genere umano.
Il viaggio dunque non è il semplice sfondo del film, piuttosto uno dei temi centrali in quanto esso costituisce la possibilità e soprattutto la necessità di riscoprire la dimensione autentica dell’uomo, la sua vera natura che il mondo della tecnologia e delle ideologie hanno coperto. L’arte, in questo caso il cinema, si propone di affrancare lo spirito dell’uomo, di liberarlo dalle sovrastrutture dell’umanità, rendendoci coscienti attraverso la sua conoscenza contemplativa e non utilitaria degli scompensi del reale. Ci mette di fronte allo specchio, proprio come fa Bowman nella stanza in stile Luigi XVI, permettendoci di ritrovare attraverso una sorta di regressione verso la nostra infanzia quel rapporto di immediatezza e ingenuità con il mondo che l’umanità ha nascosto dietro alle sue false illusioni del progresso.
Zarathustra, in un certo senso, si reincarna in Kubrick.
Nietzsche, ha elaborato, attraverso un confronto con il mondo degli antichi, una profonda analisi del novecento, evidenziando, secondo la lezione di Schopenhauer, l’aspetto contraddittorio di questo secolo: in origine nel mondo esistevano due forze opposte e il loro contrasto è a fondamento della vita. Questa duplicità dello spirito si mostra attraverso le maschere di Apollo e Dioniso.
Apollo è il dio della luce e della chiarezza, della misura e della forma: l’apollineo simboleggia l’inclinazione plastica, la tensione alla forma perfetta; Dioniso è il dio della notte e dell’ebbrezza, del caotico e dello smisurato: il dionisiaco simboleggia l’energia istintuale, l’eccesso, il furore. Esso è impulso di liberazione e di abbandono.
Con il passare dei secoli l’uomo si è l’evoluto/involuto cercando di razionalizzare l’irrazionalizzabile spinto da un bisogno di rassicurazione, dall’esigenza di rendere tollerabile il disordine della vita, fagocitando cosi la componente della forza dionisiaca e decretando in tal modo non solo la fine della tragedia ma anche quel carattere di indubbia organicità e compattezza che si creava al suo interno dal conflitto dialettico di queste due parti.
La sconfitta, la frustrazione, il senso di impotenza sono aspetti ormai evidenti nei protagonisti del film che scoprono nella tecnologia l’illusione di dare un senso alla realtà, di razionalizzarla mascherando però il carattere caotico e irrazionale dello spirito dionisiaco. Il conflitto lacerante tra spirito apollineo e spirito dionisiaco si risolveva, nella antichità, nella promessa di una rigenerazione dell’eroe: l’angoscia e la sofferenza di una “doppia” realtà lasciava il posto ad una catarsi, ad una purificazione interiore che cancellava, nel momento della morte, la sofferenza dell’individuo per riportarlo ad una nuova vita.
Nella modernità la scomparsa della componente irrazionale dello spirito dionisiaco, a causa di una ragione totalizzante e chiarificatrice, ha decretato la fine della possibilità della rigenerazione: HAL, il computer umanoide, muore e la sua morte è definitiva, senza possibilità di proiettarsi verso una nuova esistenza; la sua morte è ricostruita nel passaggio che ripercorre le tappe verso la sua infanzia, è un ritorno al passato che preclude l’eternità del suo sistema. Ma c’è un uomo, e questo è Dave Bowman (la cui traduzione letterale arco-uomo) che esce dal mondo della tecnologia per ritrovare nella natura istintuale e pulsante dell’uomo l’autenticità della propria identità.
Scollega il computer, lascia il carattere dogmatico e assoluto della ragione, per ritrovare l’ingenuità del primate e una nuova ragione questa volta aperta e problematica. Supera la fase di servitù nei confronti della morale e della scienza per risvegliare la libertà che è in lui; la sua è una volontà che da critica diventa man mano produttiva verso l’essenza dionisiaca della libertà umana e il gioco creativo della vita. Nell’orizzonte siderale, segnato come limite da superare attraverso la figura del monolito, l’astronauta, con le sue sole forze, si spinge “oltre l’uomo” per ritrovarsi, per riprendere su di sé la potenza dell’istinto.